L’ amore è un luogo del cuore

Ci sono luoghi che, in qualche modo, ci scelgono.
Sono luoghi che ci riconoscono prima che noi possiamo comprenderli: luoghi che ci aiutano a capire chi siamo, che ci piantano radici dentro al cuore e che ci affiancano per tutta la vita, come se avessero una loro storia da far camminare assieme alla nostra.

 

Sono luoghi che, per chissà quali magie, ci entrano dentro con la forza di un temporale e non ci lasciano più andar via.
Quella che sto per raccontarvi è la storia d’amore tra un luogo magico, il Podere Le Corone, e Vivi, colei che seppe prendere il Podere quando era solo un vecchio rudere abbandonato, seppe togliergli il peso del tempo e, con pazienza e dedizione, riuscì a restituirgli l’antica anima, la dignitosa bellezza e l’originario splendore.
È la storia di come questo Podere e Vivi riuscirono a comunicare, a parlarsi a diventare l’uno pilastro della vita dell’altra.

Era un giorno di Marzo del 1995. Un piovosissimo martedì di Marzo.
Vivi e il marito, assieme a un amico di famiglia, armati di scarponi e ombrelli, avevano deciso di salire sulla collina, nei pressi di Todi, dove gli avevano detto che sorgevano le vecchie rovine di un casale in stato di abbandono.

“Potrebbe essere il posto che cerchiamo” – le aveva detto il marito, poco prima di andare – “forse è lì che possiamo impiantare l’azienda agricola che tanto desideriamo!”
Vivi, era una donna molto pratica e decisa, cresciuta tra le pendici del Vesuvio e il vento di Pantelleria.
In cuor suo, in realtà, faceva fatica ad accettare i confini e gli orizzonti imposti dalla terra e, a dirla tutta, riteneva che l’idea dell’agriturismo non fosse proprio l’idea più geniale del marito.
Ma, si sa, quando ci si sposa, i sogni di uno finiscono con il riempire anche gli occhi dell’altro.
Così, quel giorno, anche se di malavoglia, lei aveva accettato di seguire il consorte e l’amico, con cui erano in affari, per un sopralluogo al rudere. Il vecchio edificio si ritrovava all’interno di un appezzamento di terreno molto esteso, il Podere Le Corone. Raggiungerlo, viste le condizioni climatiche, non sarebbe stato semplice.

Con un po’ di rassegnazione, tuttavia, era salita in macchina per raggiungere la Val di Doglio e, assieme ai suoi compagni di viaggio, si era addentrata per la campagna umbra, fino a raggiungere il sentiero che li avrebbe portati al caseggiato.
Dal sentiero in poi, avrebbero proseguito, tutti e tre, a piedi.

Arrivare al centro della valle, districandosi tra zolle bagnate e pioggia incessante, era stato stancante ma aveva consentito ai viandanti di poter ammirare, seppur tra il cielo grigio e la terra umida, la silenziosa maestosità di alcuni antichissimi alberi di ulivo che si stagliavano lungo tutto il percorso e la natura del luogo, rigogliosa e incolta ma quieta e pacificata con il mondo.
Vivi aveva le scarpe sporche di fango, sebbene l’ombrello la riparasse dall’incessante cadere dell’acqua, i capelli erano bagnati e le mani erano fredde e immobili.
Rispetto agli altri due, sembrava avvertire di più la fatica.
Pur non di meno, nonostante l’umore pesto e le condizioni fisiche difficili, quasi come fosse una sfida con se stessa, continuò ad aggredire le pendici della collina sulla cui sommità sorgeva l’edificio.
Una volta giunti dinnanzi all’architettura rurale, i tre si fermarono.
L’edificio li stava aspettando in tutta la sua decadenza.
Era una struttura immensa. Peccato che fosse anche immensamente diroccata e abbandonata a se stessa: trasudava incuria, solitudine, tristezza e, se è possibile, anche profonda sofferenza.
Della struttura originaria restavano intatti solo dei muri esterni e, di tanto in tanto, pezzi di tetto.
Era come se il tempo e la dimenticanza degli uomini l’avessero depredata, un pezzo alla volta, di parti importanti di sé.

Il luogo era fatiscente. Quasi da brivido. L’immediata voglia che, i coniugi ebbero, fu quella di tornarsene nell’albergo dove soggiornavano.
Non se lo dissero, ma entrambi pensarono che spostarsi da Palermo per andare a vedere quelle quattro pietre diroccate, decisamente, era stata una scelta sbagliata, dispendiosa e infruttifera.
Ma, a volte, anche se non tutte le strade sono un percorso, possono esserci percorsi che diventano strade e luoghi che ci chiamano anche se noi non li sentiamo.
Talvolta la vita, infatti, sa mescolare bene le sue carte e sa innestare espedienti per portarci là dove siamo chiamati a essere.

Vivi, ancora non lo sapeva, ma quel giorno, all’apice dello scoramento, stava per fare una scoperta che l’avrebbe cambiata per sempre: una scoperta che riguardava lei e il podere e che, in modo incontrovertibile, avrebbe segnato il destino di entrambi.

Agriturismo Podere le Corone
Casteldoglio S.R.L.
Frazione Doglio
06057 Monte Castello di Vibio (PG)
tel/fax: +39 075.8780733
p.iva: 02067120549
info@poderelecorone.com
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